Quanto c’è di sbagliato nel pensare l’Autismo secondo gli Autistici
Lynch, C.L. (2019). The Aspergian.
Edizione per DIRimè Italia a cura della dott.ssa Giulia Campatelli
Psicologa Psicoterapeuta, ICDL DIR204 DIR Expert Provider & Training Leader
L’articolo in lingua originale è consultabile qui.
“Mio figlio è all’estremità grave dello spettro autistico.”
“Siamo tutti un po’ autistici – è uno spettro.”
“Non sono autistico ma sono decisamente nello spettro.”
Se solo le persone sapessero cosa sia lo spettro in realtà, si accorgerebbero di parlare di autismo in modo del tutto sbagliato.
Utilizziamo lo spettro visibile come esempio.
Come vedete, le varie parti dello spettro sono evidentemente diverse una dall’altra. Il blu appare molto diverso dal rosso ma entrambi sono nello spettro della luce visibile. Il rosso non è “più blu” del blu; il rosso non è “più nello spettro” del blu. Quando le persone discutono sui colori, non si soffermano su dove le tonalità si posizionino nello spettro. Non dicono “le mie pareti sono nell’estremità alta dello spettro” o “mi stanno meglio i colori che sono nell’estremità bassa dello spettro”.
Ma quando si parla di autismo, ecco che spunta l’idea di “gradualità” e non più di spettro. Le persone credono che si possa essere “un po’ autistici” o “estremamente autistici” nello stesso modo in cui una pennellata di rosso può essere tenue o vivida.
Come le persone credono che sia lo spettro autistico
L’autismo è un insieme di sintomi definiti che collettivamente peggiorano spostandosi verso l’estremità “alta” dello spettro. Infatti, una delle caratteristiche distintive dell’autismo è ciò che il DSM-V chiama il “profilo disomogeneo delle abilità”. C’è una ragione per cui si dice “se hai conosciuto una persona con autismo, hai conosciuto UNA persona con autismo”. Ogni autistico mostra tratti differenti.
L’autismo non è una condizione univoca. È piuttosto un insieme di condizioni neurologiche associate così strettamente da rendere quasi impossibile separarne una dall’altra e gli esperti hanno smesso di tentare.
Lo spettro autistico appare molto più così:
Le persone autistiche mostrano caratteristiche variabili in molte o tutte le categorie riportate nell’immagine sopra – un arcobaleno di tratti. Se mostri soltanto una o due categorie, non si tratta di autismo ma di altro.
Ad esempio:
- se mostri SOLTANTO difficoltà di comunicazione, puoi ricevere diagnosi di disturbo della comunicazione
- Se mostri SOLTANTO difficoltà di movimento o controllo posturale, puoi presentare disprassia o disturbo evolutivo della coordinazione
- Se mostri SOLTANTO difficotà di processazione sensoriale, puoi presentarne il disturbo relativo
Ma se presenti tutte le difficoltà citate o più, allora si parla di autismo.
Ora puoi renderti conto di quanto sia ridicolo sentir dire: “siamo tutti un po’ autistici” solo perché a molte persone non piacciono le luci fluorescenti o perché si sentono a disagio nelle situazioni sociali. È come dire: “sei vestito un po’ come un arcobaleno” quando sei vestito soltanto di rosso.
Mostrare difficoltà di processazione sensoriale di per sé non ti rende autistico. Gli autistici, in quanto cugini neurodivergenti, potranno comprendere la tua fatica ma niente di più. Perché le persone siano considerate autistiche, occorre che mostrino difficoltà in molteplici categorie dello spettro. La diagnosi dipende dall’evidenza osservabile dei tratti caratteristici di tutto lo spettro. Alcuni elementi comuni sono meno ovvi e non richiedono una diagnosi ma sono riferiti dalle persone autistiche quasi universalmente.
Ogni persona autistica mostra difficoltà maggiori in una o più categorie al punto da mostrare una disabilità conseguente in qualche misura. Ma il colore predominante della palette può essere per ognuno diverso. Ecco alcuni esempi che come l’autismo può manifestarsi in persone diverse:
Persona Uno
Persona Due
Persona Tre
Come puoi vedere, tutti e tre questi ipotetici autistici mostrano i segni classici dell’autismo e continuano, nonostante tutto, a sembrare molto diversi uno dall’altro.
Qual è il “più” autistico?
La Persona Uno probabilmente verrebbe descritta come Asperger o ad “alto funzionamento”anche se le difficoltà nelle funzioni esecutive spesso riscontrate potrebbero renderle difficile riuscire a vivere e lavorare in modo indipendente.
La Persona Due è spesso descritta come “gravemente autistica”alla luce dell’incapacità di parlare verbalmente e della scarsa esibizione di consapevolezza su ciò che avviene attorno a lei. Ciononostante, abbiamo molti esempi di autistici non verbali che ci insegnano quanto in realtà siano consapevoli socialmente e capiscano la pragmatica della comunicazione piuttosto bene. Se l’unica cosa in grado di fermare la Persona Due dall’essere spiritosa, sociale e vivace è un problema di controllo motorio, ciò la rende quindi “più” autistica della Persona Uno?
La Persona Tre potrebbe essere indipendente in età adulta se supporta con stimoli e accorgimenti specifici per farla sentire a proprio agio e in grado di apprendere. Ma nell’infanzia potrebbe essere rallentata da genitori e insegnanti che la forzano a star seduta, ferma e in silenzio, per apprendere in modi più convenzionali, con il risultato di un aumento degli episodi di autolesionismo.
Tutte tre queste persone sono in qualche modo disabili.
Le persone che riescono a parlare ad alta voce e mostrare un buon controllo del proprio sistema motorio sono spesso chiamate “ad alto funzionamento” anche se comunque autistiche e alle prese con la difficoltà di trovare un lavoro, avere relazioni e gestire le funzioni esecutive.
Il mio dottore recentemente ha fatto riferimento al mio autismo come “lieve”. Ho gentilmente fatto notare la relazione del mio psicologo che affermava quanto la mia disfunzione nelle funzioni esecutive sia al di sopra del 99° percentile. “Significa che io sono meno funzionale del 99% delle altre persone. Le sembra ancora lieve?”. Ma dato che riesco a parlare e guardare le persone negli occhi, il mio autismo sembra lieve. Il mio autismo ha un impatto lieve sulle persone intorno a me ma ha un impatto grave su di me.
Non c’è dubbio che le persone che soffrono di gravi limitazioni neuromotorie siano estremamente disabili e io non voglio assolutamente paragonare la mia alla loro situazione. Infatti, chiedo espressamente agli altri di smettere di paragonarmi. È un’inesattezza assumere che loro abbiano quello che ho io, soltanto peggiore. È questa l’assunzione che disumanizza le persone e fa sì che vengano trattate come esseri senza pensiero, senza emozioni e senza consapevolezza. Questo è ciò che le fa sbattere la testa al muro con disperazione. Se davvero avessero quello che ho io, ma peggiore, allora sarebbero autistici e non funzionali: avrebbero scarsissime capacità interpersonali e consapevolezza sociale e limitatissime capacità di processazione delle informazioni. Ma è del tutto falso. Non solo la mia mente è completamente presente e comprende, io so leggere fluentemente. Penso a freddure, battute e commenti. Nessuno lo sa. Così, mi parlavano come se avessi sempre due anni, senza offrirmi un’educazione seria e rendendomi annoiata e triste. Non fatelo.
Non date per scontato che una persona autistica sia così tanto autistica da non ascoltarvi e non capirvi. Non pensate che non sappia leggere solo perché non è in grado di andare in bagno da sola. Non pensate che io non sia disabile solo perché guardo degli occhi e converso con voi del più e del meno. Abbiamo un profilo disomogeneo di abilità.
Temple Grandin non riesce a leggere le persone, pensa in modo visivo e necessita di supporto 1:1 per le attività quotidiane. Io sono l’opposto: comprendo bene le persone, penso verbalmente ma necessito di supporto 1:1.
Ido Kedar non ha una versione di autismo più grave di quella di Temple Grandin o della mia. Il suo insieme di capacità è semplicemente diverso. Le mie difficoltà neuromotorie sono limitate al bruciarmi mentre cucino o inciampare e cadere mentre cammino. Le difficoltà neuromotorie di Ido Kedar, invece, lo portano a trovarsi a uscire camminando da una stanza senza volerlo. Ma le mie abilità pragmatiche verbali probabilmente non legano neanche le scarpe a quelle di Ido Kedar. Significa quindi che non abbiamo nulla in comune? No. In base a cosa scrive, penso che in realtà ci siano molti aspetti in comune tra noi. Come autistici, sappiamo entrambi come ci si sente abbandonandosi all’autostimolazione o cosa significa dimenticarsi di guardare qualcuno negli occhi o, ancora, cosa si prova nell’aver bisogno del prompt per iniziare un compito. Entrambi siamo nello spettro, in un modo o nell’altro. Ma a parte questo, le nostre situazioni sono diverse e abbiamo bisogni differenti. Le persone come Ido Kedar necessitano di terapia occupazionali, e forse di fisioterapia, per aver maggior controllo sui movimenti del proprio corpo. Hanno bisogno di aiuto attraverso il tablet o le lavagne in modo da riuscire finalmente a esprimere i propri pensieri e emozioni. Invece, vengono spesso infantilizzati, istituzionalizzati o trascorrono anni forzati a lavorare sull’ABC quando apprezzerebbero molto di più mettere le mani su un testo scientifico. Io, d’altro canto, sono sempre stata considerata intelligente e, invece, fatico nel far riconoscere le mie difficoltà. Ciò di cui ho bisogno è di qualcuno che mi supporti (cucinando, pulendo, organizzando) per riprendermi quando i compiti diventano per me più grandi e complessi da processare. Ido Keader si batte per l’indipendenza e io mi batto per dipendere da qualcuno.
Il sistema fallisce con entrambi, in modi diversi. Quindi, per favore smettete di dar per scontato che un tipo di autismo sia “più autistico” di altri.
Il rosso non è “più nello spettro” del verde o del blu. Le mele non sono “più frutta” delle arance. Non è così che funziona.
La visibilità dei tratti autistici non predice necessariamente cosa una persona possa o non possa fare o il supporto di cui ha più bisogno. Io non dovrei sapere processare il linguaggio, secondo alcuni. Non dovrei esser capace nemmeno di pensare. Bene, andate a sentire la nona sinfonia di Beethoven, immaginate di scriverla da sordi e provate ad essere più umili verso le capacità ancora poco conosciute del cervello.
Non assumete che un autistico non verbale che non reagisce alla vostra presenza nella stanza sia inconsapevole della conversazione. Non date per scontato che qualcuno non sia realmente autistico solo perché riesce ad avere contatto oculare e conversare sul più e il meno. Non assumete che un autistico loquace e fluente verbalmente sia una persona per forza capace di processare cosa gli avete appena detto. Non date per scontato nulla su una persona autistica.
Per 70 anni (almeno), le persone hanno fatto ipotesi sugli autistici basandosi sul loro comportamento. Persino i criteri diagnostici per l’autismo sono basati su cosa è facilmente osservabile dall’esterno. L’idea è che più stranamente ci comportiamo, più dobbiamo essere autistici. Vi chiediamo di smettere. Chiedete a noi cosa sappiamo o non sappiamo fare. Anche se non vi sembra evidente la nostra comprensione.