Comprendere il comportamento delə bambinə in condizioni di stress per una relazione di rispetto, accoglienza e consapevolezza
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Edizione per DIRimè Italia a cura della dott.ssa Giulia Campatelli, psicologa psicoterapeuta, ICDL DIR204 DIR Expert Provider & Training Leader
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La Teoria Polivagale, elaborata dal neurofisiologo Stephen Porges (2014), si basa sull’evoluzione biologica del nostro sistema nervoso umano e delle crescenti abilità di risposta per sopravvivere in condizioni di pericolo, per capire meglio le nostre risposte e gli strumenti che abbiamo difronte allo stress.
Come abbiamo pensato la neurofisiologia umana finora
La concezione neurofisiologica classica, e più diffusa, vede il Sistema Nervoso Autonomo come un’alternanza tra due sistemi principali tra loro in competizione: il sistema Simpatico e il sistema Parasimpatico.
Le due vie del sistema nervoso Parasimpatico e la loro importanza adattiva
L’attenzione alle fasi della nostra evoluzione come specie umana, ha portato alla Teoria Polivagale. La Teoria Polivagale approfondisce infatti il funzionamento del sistema nervoso Autonomo superando l’idea di antagonismo tra Simpatico e Parasimpatico, a favore di una visione più ampia e complessa di diverse gerarchie di risposta.
Secondo la Teoria Polivagale, infatti, i circuiti vagali sono ben due. Esistono due principali branche del sistema Parasimpatico che risalgono a periodi diversi della nostra storia evolutiva:
1. Il circuito dorso-vagale, più antico, che connette gli organi sotto-diaframmatici e si occupa del mantenimento dell’omeostasi e del coordinamento delle funzioni viscerali (stomaco, intestino tenue, colon e vescica).
2. Il circuito ventro-vagale, più nuovo e mielinizzato (ovvero estremamente veloce nella trasmissione elettrica delle informazioni), che connette gli organi sopra-diaframmatici e i muscoli facciali, della faringe, dei polmoni e del cuore permettendoci di esprimere emozioni con la mimica facciale, la voce, la prosodia e il respiro;
Il Sistema Nervoso Autonomo lavora quindi per “fasi”: mobilita innanzitutto le risorse e le risposte adattive dei circuiti più recenti e sofisticati della nostra evoluzione umana, per poi attivare le risorse e le risorse dei circuiti più antichi quando le sfide ambientali ci fanno perdere il senso di sicurezza e sopravvivenza.
In condizioni di sicurezza, il circuito ventro-vagale è in grado di calmare il battito cardiaco e di ridurre la reattività del sistema nervoso Simpatico, promuovendo comportamenti di intimità, vicinanza all’altro, riproduzione biologica. In situazioni di minaccia, la risposta dorso-vagale, invece, attiva la difesa antica che abbiamo ereditato dai rettili: lo shut-down difensivo, un ipo-arousal estremo intollerabile dalla persona.
La Teoria Polivagale, quindi, non solo sottolinea l’esistenza di due circuiti vagali, anziché uno solo, ma enfatizza l’importanza della gerarchia tra loro: tutte le risposte difensive, anche lo shut-down, sono quindi adattamenti a sfide ambientali.
Quante risposte abbiamo quindi all’ambiente intorno? Possiamo attivarci attraverso il sistema nervoso Simpatico (reazione simpato-adrenergica) mobilitando reazioni di attacco/fuga, possiamo attivarci attraverso il sistema nervoso Parasimpatico che, in condizioni di tranquillità, ci mantiene in omeostasi neurofisiologica e, in condizioni di minaccia, può portare a reazioni difensive come lo shut-down.
Il ruolo del nervo vago
Il nervo vago è in realtà un insieme di più nervi (da cui il nome di Teoria Polivagale) costituito da più vie, appunto quella dorso-vagale e quella ventro-vagale, con specificazioni ulteriori (una viscerale e l’altra somato-motoria) di quest’ultima. In condizioni di sicurezza, il nervo vago coordina le nostre risposte di interazione, attaccamento e cooperazione con gli altri.
In condizioni di minaccia estrema, la risposta più antica che abbiamo è quella dorso-vagale: nei rettili, comporta uno stato di “morte apparente” mentre negli esseri umani comporta anche ottundimento, angoscia estrema, perdita del controllo di sé e dell’ambiente intorno, rabbia, paura estrema, tachicardia e mancanza d’aria. E’ una delle esperienze più traumatizzanti da vivere ed è spesso riportata nei casi di violenza e abusi.
Andando avanti nell’evoluzione delle specie, si struttura via via il nuovo sistema Simpatico, con le sue reazioni di attacco e fuga tipiche dei mammiferi. In condizioni di minaccia, abbiamo l’inibizione del lavoro gastrointestinale e il convogliamento del sangue ai muscoli con aumento del tono, dell’ossigeno e della frequenza cardiaca. Spesso le emozioni sono la paura e la rabbia.
Infine, giungiamo allo stadio attuale della specie umana, e degli altri mammiferi superiori, con il nuovo circuito ventrovagale: in situazioni di serenità, possiamo inibire le risposte del sistema Simpatico e dedicarci a sofisticate attività di coinvolgimento sociale con comportamenti di interazione, attaccamento e cooperazione.
Ma cosa succede nelle situazioni di stress prolungato, cronico e stati traumatici?
Esiste una risposta ulteriore, il freezing, a metà tra la reattività del sistema nervoso Simpatico (attacco/fuga) e l’inizio di una risposta dorso-vagale per una minaccia che si protrae troppo a lungo. Nella reazione di freezing avviene una sorta di “congelamento”: una stasi motoria, ad eccezione del respiro e del movimento oculare, ma iper-tonica, con un’accentuata sensibilità sensoriale e il rischio di dissociazione affettivo-corporea. Una sorta di irrigidimento in una reazione di stress che fa perdere flessibilità, adattabilità e impedisce al sistema nervoso di mobilitare i circuiti più nuovi e raffinati, neuro-evoluzionisticamente parlando. Un po’ come il congelamento improvviso a cui va incontro un mammifero accecato dai fari di un’auto spuntata all’improvviso sulla strada.
Le quattro tipologie di risposta disfunzionale
Analizzando dinamiche ricorrenti nella modulazione del sistema nervoso Autonomo, Porges classifica 4 tipologie di risposte disfunzionali ricorrenti nella popolazione umana:
- Bassa attivazione ventro-vagale: comportamenti prosociali ridotti, ridotta reattività e ipersensibilità sensoriale
- Alta attivazione Simpatica: alta reattività, sbalzi d’umore, ipervigilanza, ansia e impulsività
- Attivazione alterna Simpatico – dorsovagale: vulnerabilità alla dissociazione, dolori cronici e problemi motori, difficoltà gastro-intestinali
- Alta attivazione dorso-vagale: lo shut-down. Svenimento, collasso, alto rischio di dissociazione affettivo-corporea frequente in persone reduci a abusi e gravi violenze.
Grazie all’interazione con l’altro, avviene il bellissimo e complesso processo reciproco di co-regolazione. Nelle situazioni in cui l’interazione e la connessione sociale vengono meno, si riducono le possibilità di co-regolazione e ciascuno di noi si trova da solo a dover gestire conseguenze corporee, emozionali e neurofisiologiche. Ecco quindi che lo stress cronico e il trauma ricevono un’attenzione particolare all’interno della Teoria Polivagale.
Oltre alle situazioni in cui lo scambio sociale viene meno, ci sono situazioni (assai più dannose) in cui è l’interazione sociale stessa la fonte di pericolo come, ad esempio, nelle relazioni di accudimento disfunzionali in cui la relazione bambino-caregiver non permette al bambino di sentirsi al sicuro e protetto. Nelle forme disfunzionali di attaccamento può accadere, infatti, un aumento delle risposte dorso-vagali con la conseguenza a lungo termini più un rischio maggiore per il bambino di sviluppo di stati dissociativi e distorsioni cognitive che porranno le basi per una modificazione della motivazione sociale innata. Detto in termini neurofisiologici, quando lo shut-down è l’unica risposta che resta al bambino e le funzioni corticali superiori sono ostacolate, possono crearsi le basi per pericolose associazioni precoci dei circuiti motivazionali e dei circuiti di autoprotezione.
La Teoria Polivagale nell’intervento
Quali sono le ricadute pratiche in termini di intervento? Per comprendere il comportamento di un bambino, è innanzitutto fondamentale valutare lo stato fisiologico in cui si trova. I Terapisti DIRFloortime conoscono bene l’importanza della autoregolazione emotivo-comportamentale e sono in grado di raccogliere informazioni sugli indicatori non verbali e paraverbali che offre l’interazione con il bambino.
Prestare profonda attenzione al supporto del processo di co-regolazione è poi lo strumento successivo. Il bambino ha un estremo bisogno che la relazione con l’altro sia un luogo sicuro, di rispetto e accoglienza, accettazione e protezione. Un luogo in cui non ci sono minacce, non ci sono comportamenti osteggiati perché vissuti dall’altro come “problematici” bensì uno spazio in cui, proprio nei momenti difficili, è possibile appoggiarsi all’altro per gestire insieme le emozioni e i pensieri ritrovando il senso di sicurezza.
Attenzione infine alle richieste ambientali: voler modificare, guidare o modulare il comportamento di un bambino in un momento per lui di forte stress non rispetta la gerarchia delle sue risposte neurofisiologiche e le modalità di attivazione del Sistema Nervoso Autonomo. Di fronte a reazioni di aggressività, fuga, congelamento o shut-down chiediamoci quale elemento ambientale possiamo immediatamente rimuovere affinché il bambino torni a sentirsi al sicuro e riduca spontaneamente le proprie risposte di stress. Sperimentare sicurezza a protezione all’interno della relazione ha a sua volta un effetto retroattivo sui meccanismi di inibizione delle risposte di stress, in un circolo virtuoso reciproco che coinvolge entrambi i protagonisti dello scambio sociale in un bellissimo processo neuro-fisiologico ed emozionale di co-regolazione.