Come operatori, a volte abbiamo la sensazione di essere travolti da una grande quantità di informazioni sui vari ambiti specifici del comportamento e dell’adattamento del bambino. Ogni elemento però deve ricordarci di prestare massima attenzione alla visione d’insieme del neurosviluppo: l’articolo argomenta l’importanza, e le modalità, di un corretto lavoro a più voci in equipe multidisciplinare.
Prof.ssa Barbara Kalmanson PhD., Psicologa clinica e Educatrice con esperienza pluridecennale, Membro di ICDL Institute, Profectum Foundation, fondatrice della scuola DIRFloortime Oak Hill School in San Anselmo
Traduzione italiana a cura della dott.ssa Silvia Pozzuoli, TNPEE
Edizione per DIRimè Italia a cura della dott.ssa Giulia Campatelli, Psicologa Psicoterapeuta, ICDL DIR204 DIR Expert Provider & Training Leader
Risorsa riservata per i Soci
Giugno 2013
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Specificità o globalità? Entrambe.
Il gruppo bambino-famiglia è un sistema complesso in cui interagiscono diversi fattori che, intrecciandosi, creano il tessuto della vita familiare stessa e dello sviluppo del bambino.
Per gli esperti del settore, le componenti di cui dobbiamo occuparci spesso originano dal nostro modo di intendere il supporto educativo. Spesso un’attenzione specializzata su un unico settore ci farà percorre strade che non ci aiuteranno a comprendere il profilo individuale del bambino, le sue capacità funzionali e il contesto familiare nel quale cresce. Il nostro approccio deve tener presente tutti quegli aspetti della crescita, del neurosviluppo ma anche del contesto familiare nella quotidianità.
L’Associazione DIRimè Italia abbraccia la complessità del neurosviluppo e invita professionisti di tutte le discipline a partecipare alla creazione e condivisione di informazioni chiare e corrette che consentano di trovare un linguaggio e un significato condiviso in più aree disciplinari. Un lavoro di squadra ci permette di conoscere diversi strumenti arricchendo in questo modo il bagaglio di ciascuno di noi, così da poter sostenere al meglio le famiglie che si affidano a noi.
Come operatori godiamo del raro privilegio di accompagnare le famiglie spesso fin dall’inizio dell’intervento. In particolare, siamo testimoni del dolore e dello smarrimento che provano le famiglie dopo mesi di lotta, spesso solitaria, di fronte al dubbio di chiedere o meno il nostro intervento.
Vediamo spesso come alcune caratteristiche relazionali familiari siano ben radicate limitando talvolta con le capacità genitoriali di sostenere lo sviluppo del bambino; è proprio questo il momento in cui le emozioni in gioco sono più intense: osserviamo in prima persona la vulnerabilità e la disarmonia che caratterizza la crescita di queste relazioni emergenti genitore-bambino.
Come operatori, possiamo avere talvolta la sensazione di essere travolti da un grande quantità di informazioni sugli ambiti specifici del comportamento e dell’adattamento del bambino: la sua anamnesi biologica, la storia delle preoccupazioni familiari, le segnalazioni della scuola, i suggerimenti dei nostri colleghi, le informazioni provenienti dai percorsi diagnostici, le nostre osservazioni dirette. Ogni elemento però deve ricordarci di prestare massima attenzione alla visione d’insieme.
Potremmo non essere in grado di mantenere la giusta distanza terapeutica ed essere sopraffatti dall’urgenza, o dalla complessità, delle esigenze del bambino e della famiglia. Vista la complessità della situazione, avremo bisogno di creare una “narrazione lineare” fatta di più livelli di analisi, per poter armonizzare le diverse componenti ed esperienze da comprendere. La descrizione di ogni singolo livello ci consentirà poi di integrare tutti gli obiettivi del lavoro, aiutandoci ad essere specifici e concreti senza perdere la preziosa visione d’insieme in modo che il neurosviluppo torni a suonare come una sinfonia polifonica.
Cosa ci aspettiamo dal nostro intervento con genitori e bambini?
Le caratteristiche innate del bambino
- Osservare e comprendere a fondo le differenze individuali nella processazione sensoriale, nei pattern motori, nello stile cognitivo, nella comunicazione, nei ritmi biologici e sociali, nella reattività, nell’ autoregolazione neurofisiologica e nell’attenzione
Le caratteristiche innate dei caregivers
- Nel raccogliere le caratteristiche costituzionali di un bambino, attenzione a non trascurare l’osservazione e la comprensione delle differenze individuali nell’elaborazione sensoriale, nei pattern motori, cognitivi, comunicativi e di co-regolazione dei suoi genitori
- Tendiamo a parlare dei genitori come un’unità: dovremmo invece ricordarci che sono individui diversi l’uno dall’altro nei comportamenti, nei pensieri, nelle percezioni e nel comportamento e nelle preferenze
I processi psicologici interni nei genitori
- Quali sono le storie dei genitori, la personalità, le modalità neurofisiologiche e personologiche di gestire lo stress, i desideri, i sogni e le aspettative sulla vita familiare?
Le caratteristiche delle relazioni e loro equilibri all’interno della famiglia
- Raccogliamo informazioni sull’adattamento alla genitorialità, l’interazione della coppia, i ruoli e le aspettative di ogni genitore e dei membri della famiglia allargata
Il tessuto sociale che circonda i membri della famiglia
- Chiediamoci com’è l’integrazione nella comunità, vissuti relativi ad eventuali esperienze di vita fuori-sede o immigrazione, la cultura di appartenenza e i valori, eventuale senso di isolamento
Autoriflessione
Come operatori DIRFloortime, conosciamo profondamente l’importanza della consapevolezza del nostro stesso profilo per poter così essere attenti e responsabilizzati sull’impatto che abbiamo sulle famiglie e nelle interazioni con il bambino. Quali sono i filtri e le informazioni che utilizziamo per percepire ed interpretare il mondo? Che tipo di risonanze abbiamo quando incontriamo certe tipologie di famiglie? Come variano le nostre caratteristiche interattive in combinazione con certi profili individuali di bambini e genitori? Rispondere a queste importanti domande ci aiuterà a mantenere centrato ed efficace il nostro intervento e a fornire un percorso di empowerment reciproco profondamente inclusivo ed etico.
Come si formulano le ipotesi di intervento sui bisogni del bambino e della sua famiglia?
Per occuparci a fondo di ogni ambito riguardante il neurosviluppo ed evitare riduzionismi e superficialità che danno risalto soltanto a un elemento principale sottovalutando l’impatto degli altri e delle reciproche interazioni sulla crescita della persona, nel DIRFloortime risulta essenziale il lavoro in equipe interdisciplinare.
Nell’osservazione dell’interazione di un genitore con il proprio bambino, la nostra disciplina professionale di appartenenza plasma l’interpretazione delle osservazioni. Gli psicologi potrebbero interrogarsi, ad esempio, sulla salute mentale dei caregiver o soffermarsi sugli stili di attaccamento; i terapisti occupazionali, i neuropsicomotricisti, i neuropsichiatri ed i pediatri potrebbero notare il riflesso asimmetrico del collo in risposta ad una stimolazione vestibolare; i logopedisti potrebbero concentrarsi sull’assenza di vocalizzazioni o sulla riduzione di riferimenti sociali spontanei. Solo l’integrazione di tutte queste informazioni interdisciplinari ci permette di comprendere appieno in che modo una competenza neuroevolutiva ne influenzi un’altra e ci protegge da una visione lineare riduzionistica che confonde la conseguenza con la causa.
Un esempio di intervento interdisciplinare
Una famiglia è venuta a trovarmi con il figlio di 5 mesi. Il bambino era in difficoltà, i genitori erano provati. Si trattava del loro quarto figlio e cercavano di convincersi che il sorriso sociale fugace e l’espressione del viso piuttosto cupa del bambino fossero tipiche per l’età mentre per me erano segni evidenti di altre difficoltà neuroevolutive. Bambino e genitori si stavano allontanando l’uno dall’altro nella relazione.
Avendo raccolto informazioni da colleghi di discipline, ho notato l’asimmetria dei suoi schemi motori, la generale ipotonia muscolare e la scarsa stabilità posturale. Inoltre, i bambino era così concentrato sullo sforzo stabilizzare il proprio corpo da non essere in grado di ricorrere al sistema visivo come supporto e ancoraggio.
Per poter lavorare al meglio con la famiglia, l’intervento multidisciplinare ha coinvolto le figure professionali del fisioterapista, del medico e dello psicologo. Il lavoro integrato tra le diverse discipline ha permesso di attivare attentamente i sistemi sensoriali e motori del bambino, per supportarlo al meglio nella relazione calda e accogliente con le sue figure genitoriali.
Nelle interazioni, spesso il corpo del bambino era completamente sostenuto dal grembo e dalle gambe della madre offrendo supporto posturale e intimità. La mamma era l’oggetto dell’interazione e del gioco, non c’era bisogno di giocattoli o materiali.
Le attività, e l’intero piano di intervento, hanno previsto il coinvolgimento attentamente modulato del sistema affettivo, del sistema motorio, dei canali sensoriali e il lavoro mirato sul potenziamento della comunicazione intenzionale non verbale. La mamma è stata supportata psicologicamente ed è stata aiutata a riconoscere e rispettare i tempi di risposta del bambino, interagendo con lui fornendo risposte contestuali, emotive e significative agli occhi del bambino. Al bambino è stato fornito un supporto fisico in modo tale che potesse concentrarsi sul volto e sulla voce della madre. Con questi interventi la mamma e il bambino sono stati in grado di mantenere un flusso comunicativo continuo e un’interazione basata sull’utilizzo delle componenti comunicative extraverbali (sguardo, gesto, mimica facciale)